“Un altro giorno di scuola senza poter andare a giocare fuori”. Il piccolo Friedrich,

sbuffò tra se e se , saltando da una pozzanghera all’altra per vedere quale sarebbe riuscita a fare bagnare meglio le signore che gli passavano vicino. Una pioggia fastidiosa che durava oramai da giorni impediva a lui e ai suoi compagni di passare un pò di tempo in giardino a giocare durante l’intervallo.

A lui piaceva moltissimo la scuola, stare  con i suoi amici e imparare cose che non sapeva, peccato che non sarebbe durato ancora per molto perché suo padre aveva ripetuto più volte: “La scuola non serve a niente, solo chi non deve lavorare per vivere può permettersela. Vedrai come ti piacerà lavorare con me non appena sarai più grande”.

I suoi compagni erano già tutti in classe quando arrivò, ma riuscì a infilarsi in tutta fretta nel suo banco prima che il maestro Butter entrasse in aula.

“Ragazzi a posto” urlò il maestro lasciandosi cadere pesantemente sulla sedia e massaggiandosi le tempie.  Non era per niente un buon segno. Il suo era un bravo maestro, anche se molto severo, ma soffriva di mal di testa e quando succedeva l’unica cosa che potevi sperare era che la giornata finisse presto e senza alcuna punizione.

“Forza ragazzi, cominciamo con un pò di matematica: prendete la lavagnetta e sommate i numeri da 1 a 100 “disse il maestro tenendosi la testa con le mani.”E che nessuno si muova prima di aver finito!”.

“E anche oggi – pensò Friedrich-un lungo lavoro inutile e niente di nuovo da scoprire”.

Nella stanza l’unico rumore che si sentiva era quello dei gessetti sulle lavagne, oltre a Joseph, sempre raffreddato, che continuava a starnutire e tirare su con il naso fino a quando uno sguardo severo del maestro Butter lo convinse a prendere il fazzoletto.

 

Friedrich amava i numeri e come a volte rivelassero improvvisamente i loro segreti svelando regolarità e scorciatoie per arrivare prima al risultato.

Prese il pezzettino di gesso che gli era rimasto e cominciò a scrivere i numeri sulla lavagnetta.

Per cercare di essere ordinato decise di scrivere dieci numeri per ogni fila; arrivato al 20  posò il gesso, e fece una strana smorfia morsicando il labbro per non cominciare a ridere.

Aveva trovato il modo di fare velocissimo.

Senza più scrivere nulla immaginò i numeri fino al 30 scritti su due righe, poi fino a 40: funzionava!

Fece una rapida moltiplicazione, scrisse il risultato e stiracchiandosi, come se fosse stato seduto almeno un paio d’ore, si avvicinò alla cattedra.

Il maestro lo guardò in un modo che avrebbe impaurito chiunque, ma non il piccolo Friedrich che con un bel sorriso consegnò  la lavagna al maestro con scritto sopra 5050.

Molto molto  liberamente tratto da Gauss zum Gedächtnis edito nel 1862 sette anni dopo la morte di Gauss scritto da Wolfang Sartorius, un professore di geologia all’Università di Gottinga, dove insegnava Gauss che però non nomina né il numero 100 e nemmeno il metodo che avrebbe usato il piccolo Friedrich per calcolare la somma

 

Altri aneddoti:

Passano gli anni e grazie all’aiuto del maestro Butter che lo affida ad un suo bravo assistente Gauss diventa il protetto del Duca di Brunswick che lo sostiene nei suoi studi superiori ed universitari nonostante il padre non volesse lasciarlo studiare perchè lo voleva al suo fianco per aiutarlo negli affari della famiglia.

Studente brillante in molti campi  non sapeva quale via scegliere, ma decide per  la matematica quando riesce a risolvere il problema della costruzione dell’eptadecagono (un poligono con 17 lati) con riga e compasso un problema vecchio di  migliaia di anni che non aveva risolto nemmeno il famoso Euclide nel suo libro gli Elementi.

Quando risolve il problema si reca dal suo insegnante Erich Kästner il quale gli dice che la questione  non è di alcun interesse. Nonostante il disaccordo del professore Gauss pubblica il lavoro che gli porta grande fama, ma non dimentica  Kästner.

Poiché il professore si vantava anche di essere un poeta, Gauss lo lodò come:

il miglior poeta fra tutti i matematici e il miglior matematico fra tutti i poeti.

Quando muore chiede che sulla sua tomba si inciso un eptagono, ma il marmista si rifiuta dicendo che è troppo simile a una circonferenza e non si vedrebbe la differenza