Uno sguardo d’insieme al periodo 400-1200 d.C.
La caduta dell’Impero romano nel 476 d.C. (quanti anni fa?) aveva indotto nei Paesi europei un momento di stallo nello studio della matematica, ma soprattutto nella diffusione dei risultati già raggiunti in quello studio. Centri di cultura come la biblioteca di Alessandria in Egitto che era arrivata ad avere fino a 700.000 volumi. (Quanti ne ha la biblioteca della nostra scuola? Quanti la biblioteca del nostro Comune?) erano stati distrutti in incendi fortuiti o per volere di qualche sovrano. Anche l’avvento del cristianesimo aveva avuto conseguenze sfortunate. Lo storico Morris Kline in “Storia del pensiero matematico” scrive: “I capi cristiani, sebbene avessero adottato molti miti e usi greci e orientali con l’intento di rendere il cristianesimo più accetto ai convertiti, si opposero alla cultura pagana mettendo in ridicolo la matematica, l’astronomia e la fisica. Ai cristiani era vietato contaminarsi con la cultura greca”. Ma l’operazione non era stata un successo: anche questa storia ci insegna che mettere frontiere alle idee e alle persone serve davvero a poco. La matematica ha continuato a esistere sotto traccia aspettando tempi migliori. Cercare di capire gli altri, il nuovo è sempre una scelta molto più intelligente…
Per fortuna, nel frattempo gli Arabi avevano mantenuto un atteggiamento diverso e avevano continuato a occuparsi di scienza e in particolare di matematica. Dalla metà del Seicento avevano cominciato a costruire un loro regno. All’inizio del 700 avevano iniziato la conquista della Spagna e presto erano arrivati anche in Francia (secondo voi, passando da dove? Chi ha una cartina?)
In Spagna hanno lasciato delle testimonianze della loro arte assolutamente splendide (chi sa che cos’è l’Alhambra? L’abbiamo già incontrata nelle nostre lezioni di matematica?)
Così, a partire dall’anno mille iniziarono a circolare in Europa le traduzioni dall’arabo sia di opere classiche e antiche come gli Elementi di Euclide sia di opere nuove come l’Algebra di Al-Khwarizmi (provate a leggere ad alta voce il nome dell’autore e poi chiedete a qualche genitore che magari si occupa di computer se gli ricorda una parola dei nostri tempi. La caccia alla storia delle parole è molto divertente. La parola “algoritmo” viene dal nome dell’autore dell’Algebra che in realtà si chiamava Muḥammad ibn Mūsa ma veniva dalla zona di Khwarizm in Asia e quindi… ).
Fra i primi ad accorgersi di quanto la nuova aritmetica poteva aiutare a semplificare la vita ci sono stati i commercianti che tutti i giorni si trovavano a impazzire con i conti. (Non è un’affermazione avventata. Provate a rispondere a questa domanda usando solo i numeri romani. Quanto devo dare di resto a un cliente che compra 7 pezzi di stoffa di 5 metri a 1 denaro pisano e mezzo e mi paga con 124 denari pisanii? 5×7=XXXV sono i metri comprati; poi XXXVx1 = XXXV e XXXV:2 = XVII più metà dicono che in totale il cliente ha speso LVII sesterzi e mezzo. Il resto deve essere allora CXXIV-LVII-metà. Buona fortuna!)
E qui, a cavare la castagne dal buco, arriva uno dei matematici più famosi di sempre: Leonardo Pisano, detto anche Leonardo Fibonacci (1170-1250 ca).